Mai prima d’ora abbiamo avuto così poco tempo
per fare così tanto.
(F. D. Roosevelt)
… Per anni ho avuto tante cose da dire. Poi, pian piano, negli ultimi, il ripiegamento sulla Priorità della mia vita assieme alle difficoltà mi ha dato ben poche parole e tanta, tanta stanchezza di fare.
E poi è arrivato l’anno bisestile del Covid, che ha dato un cuscino alla mia stanchezza. Ha detto: “tieni, ora la tua stanchezza di vita ben si inquadra col ritmo del mondo, tranquilla”.
Quante cose buone potesse portare una pandemia, non ci avrei mai creduto.
Per esempio, nella mia azienda, ha reso possibile l’impossibile: come lo smart/remote working per la mia mansione.
Peccato che io avessi già chiesto il telelavoro, partito in perfetto sincrono con il primo lock down.
Per esempio, poi, ci ha dato la misura di chi tiene veramente a noi, che nel vuoto ha trovato lo spazio per te…e chi invece definitivamente ti ha chiuso fuori, dalla sua vita, con le scuse più becere… perfino usando il covid come alibi.
Per esempio, anche, ci ha portato la tanto odiata dai più DAD/DAI. Per mio figlio neuroatipico è stata una benedizione. Perché rispetta più i suoi tempi d’apprendimento e di sogno/veglia. Perché l’ho preparato io, (e questo però mi ha ancora -maggiormente- ripiegato su lui, la mia priorità) che un po’ so come si fa ad adattarsi alle diverse modalità di apprendimento, un po’ sono abbastanza competente da attuare strategie psicopedagogiche per l’apprendimento divergente, un po’ è mio figlio e so come fare ad aiutarlo ad imparare bene.
Mamma e maestra h24.
Così ho perso Amalia chissà dove. Penso tra i fogli sparsi di quell’ ennesima tesi su cui mi viene da piangere come un figlio che rischia di non nascere più.
E quante cose ci ha portato via un anno così?
Parecchie. A molti persone e lavoro.
Io so solo che non potrò tornare più a F6 e trovare Maurizio che rendeva il lavoro qualcosa che non era un problema ma un’opportunità. Non ritroverò la mia amatissima Wandina, Saretta che prepara il caffè, il mio tessssoro Monica, la mia fantastica Manu. E poi le Anne, Ale, Rosa, Dani e Maria Rosaria, Giovanna, Mela bella e Lauretta.
Non potrò andare al sesto piano e ritrovarli tutti lì, e magari fare un sabato con salame, formaggio e vino in pausa pranzo…e panettone, e addobbi natalizi.
E risate, tante.
Non ci sarà forse mai più un tempo così.
Curioso che ci lasciamo un giorno dicendoci “ci vediamo la settimana prossima” (vero Wandina?) e poi…
…e poi Maurizio va in pensione senza una festa, senza che possiamo piangerci uno dei migliori supervisor che si siano mai visti a Napoli. Senza poterci salutare e abbracciare noi gruppo tutte donne.
E poi hanno sciolto il gruppo, che era insieme da così tanti anni che eravamo una famiglia, di cui resta l’impronta su un gruppo whatsapp. Senza poter elaborare nuove modalità di lavoro, di spazio e…e le distanze.
Elaborare le distanze.
Penso che il 2020 sia stato l’anno delle distanze, non tanto del distanziamento. C’è di buono che da distanti vediamo tutto in modo più chiaro, specie le cose più importanti.
E le persone più importanti.
Distanti, col naso all’insù, a vedere le congiunzioni dei pianeti e ad immaginare nostre -mancate- congiunzioni.
Così, dal cuscino regalatomi dall’anno del Covid, cerco di recuperare un pò di sogni per poter poi recuperare un po’di me per il prossimo anno.
Perché sognare è come sperare.
Sperare che questo sia stato un tempo di semina e non di carestia.
Di pazienza e attesa e non di immobilismo .
E che i frutti arriveranno …
…prima o poi.
Questo è quel che resta.
La speranza.
Auguro a tutti voi per il nuovo anno la stessa speranza.